Grande Improvvisazione Ad Angelica (IT)

All About Jazz, June 3, 2016:

spunkBologna2016Angelica Festival Bologna Teatro San Leonardo 21-22.05.2016

All’interno di un festival che programmaticamente non privilegia nessun genere musicale, ma che dà spazio ad autori delle più svariate provenienze e alle modalità più disparate del fare musica, è possibile imbattersi in alcune esperienze significative dell’improvvisazione assoluta. È quello che è capitato nell’edizione in corso, la ventiseiesima, di Angelica “momento maggio,” apertasi il 5 maggio con la prima italiana della sorprendente Ellen Fullman alle prese con il suo lungo strumento a corde, che attraversava tutta la sala del Teatro San Leonardo, per poi snodarsi fra protagonisti di spicco e produzioni originali fino al 28 maggio.

In particolare è emersa l’alta qualità dell’improvvisazione collettiva di due formazioni europee, entrambe paritarie, entrambe attive da circa un ventennio: da un lato il trio anglo-tedesco Konk Pack, che riunisce la chitarra, l’elettronica e il clarinetto di Tim Hodgkingson (co-fondatore degli Henry Cow), il sintetizzatore analogico di Thomas Lehn e la batteria di Roger Turner; dall’altro SPUNK, quartetto norvegese tutto al femminile, in cui la voce e l’elettronica di Maja S.K. Ratkje sono affiancate da Hild Sofie Tafjord, al corno francese ed elettronica, Lene Grenager, al violoncello, e Kristin Andersen, alla tromba e flauti dolci. Vale la pena di mettere a confronto le loro notevoli performance, succedutesi in due serate consecutive.

(…)

Non molto diversi i meccanismi che hanno guidato il rapporto fra le quattro componenti di SPUNK, ma diversi sono risultati gli esiti musicali perseguiti e ottenuti. Più che i contributi individuali, pur determinanti e anche in questo caso ben leggibili, nel loro concerto è prevalsa un’idea di unitarietà, che ha fatto emergere in primo piano gli impasti armonici e cromatici complessivi. Si è così dipanato un percorso nel segno della continuità e della lentezza: le situazioni trascoloravano senza frizioni l’una nell’altra; le progressioni e i crescendo evolvevano per lo più pigramente, estatici ed evocativi, evitando discontinuità e digressioni; anche le timide eccentricità presupponevano un’intima assonanza d’intenti.

Unitarietà, continuità e lentezza non significano necessariamente uniformità. Al contrario, questa performance ha concretizzato un panorama sonoro vivo, formicolante, cangiante, che, al di là delle reali intenzioni delle musiciste norvegesi, sembrava tradurre le voci (il vento nella foresta, le maree, i versi degli animali…) e i colori (tersi e madreperlacei oppure nebbiosi) di una natura nordica ora minacciosa ora serena, comunque mutevole e sovrana. Solo poco prima della conclusione del concerto, l’attenuarsi dell’uso dell’elettronica come tessuto connettivo ha fatto risaltare le sonorità acustiche, relativamente crude e scontrose, di tromba, flauti dolci, corno, violoncello, voce, fischietti…; poi nelle battute finali tutto si è risolto nel serafico e spassionato spegnimento di ogni velleità.

Si possono condividere le parole di Luca Vitali, che nel programma di sala fra l’altro individua nella musica di SPUNK una qualità olistica e il consapevole tentativo di scongiurare le insidie ricorrenti nella libera improvvisazione collettiva: «egocentrismo, incoerenza, alcuni “gesti” tipici e codificati del free jazz, mancanza di dinamica e di humor».

LIBERO FARNè
Foto: Daniele Franchi.
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